Nudge: la spinta gentile che migliora i nostri comportamenti progettando il nostro ambiente
Scelte, comportamenti e abitudini
Pensi che i tuoi comportamenti e le tue scelte possano essere influenzate semplicemente da come viene presentato l’ambiente in cui effettui queste scelte o questi comportamenti?
Molto spesso, in una frazione di secondo, attraverso decisioni e scelte più o meno coscienti che definiscono la “traiettoria” stessa dei nostri comportamenti quotidiani, determiniamo, nel tempo, le abitudini più o meno corrette, più o meno salubri, più o meno etiche che adottiamo.
Quasi senza accorgercene procediamo, spesso quasi in maniera del tutto inconsapevole, in questa selezione continua di opzioni che effettuiamo sia nelle piccole azioni come, per esempio, quando dobbiamo decidere di spegnere o lasciare acceso il televisore al quale non facciamo più attenzione, chiudere o lasciare aperto il rubinetto mentre ci laviamo i denti, o quando decidiamo di lavarci le mani (prima e) dopo essere andati in bagno, ma anche nelle decisioni più importanti (dove vi è comunque sempre un aspetto inconsapevole) come per esempio adottare uno stile di vita più salubre magari limitando il consumo di alcol o cercando di contrastare attivamente la nostra sedentarietà o scegliendo se aderire o meno alla proposta di donare i nostri organi dopo la morte per aiutare persone che ne hanno estremo bisogno.
Le decisioni che prendiamo continuamente riflettono un mondo complesso costituito da credenze, motivazioni ed emozioni che definiscono lo scopo dei nostri comportamenti ma che avvengono all’interno di un contesto esterno a noi che orienta ed influenza le scelte che effettuiamo.
Non vogliamo ammetterlo ma l’ambiente influenza le nostre scelte
Generalmente abbiamo la tendenza a sottostimare notevolmente l’importanza di questi contesti che rappresentano l’ambiente in cui effettuiamo le nostre scelte ed esprimiamo i nostri comportamenti.
Da alcune ricerche sappiamo che questi contesti informativi all’interno dei quali effettuiamo i nostri processi decisionali hanno un valore fondamentale per definire la scelta finale che mettiamo in atto.
Uno studio pubblicato qualche anno fa sulla prestigiosa rivista Science, ha evidenziato quanto non il “cosa” ma il “come” viene presentata la domanda “vuoi diventare donatore di organi (post mortem)?” è fondamentale per influenzare l’esito della risposta.
Confrontando le statistiche relative undici paesi europei i due autori principali dello studio hanno identificato due macro-gruppi differenti: i paesi ad altissima incidenza di donatori e quelli a scarsissima incidenza, chiedendosi il motivo di tale grande differenza che palesemente non poteva essere attribuita solamente a fattori culturali.
Analizzando i vari sistemi nazionali, i due economisti si resero conto che l’elemento chiave che differenziava i due macro-gruppi era semplicemente la modalità di default con la quale veniva posta la domanda di adesione.
In un gruppo di paesi (quello dove l’adesione era molto scarsa) il consenso doveva essere esplicitamente manifestato, mentre nel secondo gruppo di paesi (quello con un tasso di adesioni altissimo), il consenso veniva dato per default cioè veniva considerato scontato se non fosse stato revocato da una esplicita richiesta.
Scegliere di non scegliere è di per sé una decisione
La scelta, dunque, concettualmente è sempre la stessa (vuoi essere donatore o non esserlo?) in entrambi i contesti percettivi presentati ai cittadini europei ma in un caso, si deve proattivamente decidere di esserlo e in un altro caso occorre proattivamente decidere di non esserlo.
Le persone in molti contesti simili in cui la scelta è complessa ed incerta scelgono attivamente di non scegliere e quindi la loro indecisione promuove il contesto di default (“voglio essere un donatore”) come il suo esatto opposto (“non voglio essere un donatore”) progettato e preventivamente strutturato nel contesto di scelta.
Questa complessa dinamica decisionale in cui i nostri stati conoscitivi, emotivi e motivazionali vengono intrecciati dai contesti informazionali nei quali effettuiamo le nostre scelte più o meno importanti, più o meno salubri o più o meno etiche, sono studiate dalla branca della psicologia che si chiama economia comportamentale e che, al fine di promuovere scelte corrette (nel senso di coerenti con i valori individuali e sociali), ha prodotto il concetto di nudge (“pungolo” in inglese).
Nudge è un termine inglese tradotto in italiano con la frase “spinta gentile” e serve per indicare la capacità di persuadere in modo indiretto e prevedibile il comportamento delle persone indirizzando la loro scelta in modo da compensare l’effetto spesso dannoso di distorsioni sistematiche (spesso incarnate in “cattive” abitudini) che impediscono una valutazione imparziale delle opzioni disponibili.
Mosche, Nobel e comportamenti più corretti
Il Nudge consiste nel progettare la specifica struttura informativa del contesto di scelta offerto alle persone per promuovere comportamenti individualmente e socialmente più positivi o salubri o sostenibili.
Se utilizzate abbinate ad un forte senso etico, le “spinte gentili” promuovono nelle persone comportamenti più corretti o sani sia per gli individui stessi che per la collettività, quindi, sono attualmente considerati molto importanti per incentivare cambiamenti positivi che faticano ad essere attuati (si pensi ad esempio per “correggere” aspetti epidemici quali l’obesità, la sedentarietà o l’eco sostenibilità o la maggiore consapevolezza degli effetti del cambiamento climatico).
Un recente studio dell’Università di Cambridge ha scoperto che, per promuovere negli studenti una riduzione dell’elevato consumo di carne nella mensa scolastica non servono particolari raccomandazioni pubbliche (spesso storicamente riconosciute come poco efficaci come nel caso dell’alcool o del fumo) o punizioni economiche, ma è stato sufficiente raddoppiare le opzioni vegetariane proposte nel menu.
Con questo semplice intervento di nudging sottile ed indiretto quanto efficace, efficiente e duraturo, la vendita di pietanze a base vegetale nelle mense dell’Università è cresciuta dal 41 al 79%.
Questo è uno dei tanti esempi in cui, attraverso un semplice (ma molto strategico) intervento nell’architettura della scelta proposta alle persone (cambiando cioè solo la modalità in cui viene posta la domanda) è possibile orientare e promuovere in maniera più efficace il comportamento umano.
Altri esempi molto evidenti quanto curiosi di nudging sono il caso della mosca disegnata all’interno degli orinatoi maschili presenti nell’aeroporto di Amsterdam che ha ridotto le “fuoriuscite” di urina dell’80% facendo risparmiare notevolmente in termini di prodotti detergenti ed interventi di pulizia dei bagni o il caso della scritta “Più dell’85% degli studenti della tua università si ricorda di spegnere le luci. E tu?” applicata accanto agli interruttori delle luci che ha permesso di raggiungere una riduzione del 26,4% del numero di luci dimenticate accese.
Richard Thaler e Cass Sunstein sono gli studiosi che per primi hanno formalizzato il concetto di nudge e per questo Thaler ha vinto il premio Nobel nel 2017.
Bibliografia
- Johnson, E., & Goldstein, D. G. (2003). Do defaults save lives? Science, 302, 1338-1339.
- Haglund, A. (2017), Nudging – A way to encourage public tenants to more sustainable behaviour? Stockholm: Real Estate and Construction Management, Royal Institute of Technology. Thesis.
- Thaler, R., & Susstein, C. (2014). Nudge. La spinta gentile. Feltrinelli.
Massimo Agnoletti, Ph.D.
Sono psicologo ed ho un dottorato di ricerca, il mio lavoro consiste nel tradurre le preziose informazioni scientifiche della Psicologia in strategie e comportamenti per migliorare il benessere e la salute delle persone.
Sono un esperto di Stress con esperienza pluriennale e mi occupo di questo argomento con una prospettiva integrata psico-neuro-endocrino-immunologica.