“Il design anonimo”
Siamo circondati da oggetti di design!
Ombrelli, puntine da disegno, forbici, cerniere zip, spille da balia…chi potrebbe vivere senza questi oggetti?
Eppure non ci chiediamo mai chi li abbia progettati.
Ogni oggetto artefatto (non naturale) è stato pensato, progettato da qualcuno, anche se la maggior parte delle volte non ne conosciamo l’autore.
La parola “design” viene spesso utilizzata dandole significati impropri, diventa aggettivo (di-design) per definire i prodotti “firmati”, ma nasce dal latino signum, in italiano segno, disegno, passando attraverso il francese dessein e l’inglese, appunto, design.
Ma cos’è il design?
Progettazione che mira a conciliare i requisiti tecnici, funzionali ed economici degli oggetti prodotti in serie, così che la forma che ne risulta è la sintesi di tale attività progettuale; – Treccani
Tutti i prodotti industriali che abbiamo attorno sono la concretizzazione di un’idea, sono la soluzione a un problema, la risposta a una necessità. Nella definizione di design, la qualità estetica viene quasi data per scontata, una conseguenza della funzionalità, dei materiali e delle tecniche produttive usate per realizzare l’oggetto.
Possiamo quindi dire che tutti gli oggetti che usiamo quotidianamente sono “di-design”, non solo quelli che l’ufficio marketing delle aziende ci propone, sotto la firma dell’ultimo designer di grido.
Il design anonimo raccoglie i prodotti che vengono utilizzati senza la consapevolezza di chi li ha progettati. Negli anni, numerosi grandi progettisti si sono appassionati alla raccolta di oggetti quotidiani, incuriositi e attratti dalla loro bellezza e intelligenza. I fratelli Castiglioni, Jasper Morrison, Naoto Fukasawa, Franco Clivio ad esempio, hanno messo a disposizione le loro incredibili collezioni personali, hanno raccolto e riunito sotto la bandiera del design anonimo oggetti provenienti dai settori più diversi, proponendoli al pubblico in eventi, mostre, con lo scopo di valorizzare e insegnare alla gente a osservare il mondo degli artefatti con lo sguardo dell’inventore, del progettista.
Abbiamo nelle mani, in ogni attività umana, vere e proprie opere d’arte applicata, in cui la
bellezza non viene cercata, ma è una conseguenza diretta di un processo logico, di soluzioni funzionali formali “corrette” e ben riuscite, oppure frutto di piccoli interventi migliorativi nel tempo.
Pensiamo alla moka Bialetti, ai Post-it, alla penna Bic, allo Zippo, alla Graziella, per fare qualche esempio. Sono tutte icone imbattibili, che si sono legate nel tempo alle nostre gestualità, prodotti che sono diventati vero e proprio patrimonio culturale dei nostri tempi.
Negli oggetti di design anonimo troviamo anche prodotti a cui siamo talmente abituati, da averli assimilati naturalmente nella nostra “memoria oggettuale” (Gillo Dorfles): partendo dagli ombrelli – pressoché immutati da centinaia di anni, ai pacchetti di fiammiferi, al cono gelato.
Conoscerete di sicuro il premio istituito dalla Rinascente nel 1954, il Compasso d’oro, che è diventato il più importante riconoscimento italiano nell’ambito del design. Ma forse non avrete sentito parlare del “Compasso d’oro a ignoti”, proposto dal genio di Bruno Munari negli anni 70, un riconoscimento giocoso e forse un po’ provocatorio, a tutti gli oggetti senza genitore, ma comunque figli di una buona progettazione. Progettazione che, usando le sue parole: ”conduce quindi a oggetti che, per il loro equilibrio tra materia, tecniche, funzione, forma, si pongono fuori dalle mode, dagli stili, e durano nel tempo (B. Munari, Compasso d’Oro a Ignoti, cit.p.93).
Troviamo tra gli oggetti più rappresentativi:
La sedia a sdraio pieghevole
Sì, quella da spiaggia! Ci avete mai fatto caso? È leggera, si ripiega diventando spessa 4 cm, occupa poco spazio quando la mettiamo via, e di conseguenza ottimizza l’ingombro nello stoccaggio a magazzino e nel trasporto. Di solito è realizzata in legno e tela, ogni componente è essenziale al suo funzionamento. Il telo è fissato a incastro con due asole cucite, è facilmente staccabile, lavabile e sostituibile.
La lampada da cantiere
Uno degli esempi più semplici ed economici nel panorama dei prodotti per l’illuminazione. Una lampada non è una scultura che fa luce, un oggetto decorativo con una lampada dentro, la sua forma dipende direttamente dalla sua funzione, dalla “qualità” della luce necessaria.
La lampada da cantiere ha un’impugnatura di gomma che funge da isolante, una gabbia semplice di filo metallico che protegge la lampada dagli urti, una schermatura in lamiera piegata anti-abbaglio. La gabbia è apribile per sostituire la lampadina, ed è presente un interruttore fosforescente per accenderla al buio. Si può appoggiare sulla base per farla stare in piedi, altrimenti si può appendere. Tecniche produttive poco costose ed efficaci, per un oggetto che racconta con l’estetica la sua funzione.
E ancora, il leggio pieghevole da musicista, la borsa della spesa, i pennelli, un pelapatate con lama orientabile con il corpo composto in lamiera piegata, l’impugnatura ergonomica e ben visibile.
“Sono oggetti ben progettati, e non importa da chi. Questo è il vero design.” (B. Munari, Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale cit. pag.109)
La sensibilizzazione verso il buon progetto è fondamentale per acquisire la necessaria capacità critica nei confronti di ciò che ci viene proposto da mercato.
E allora cominciamo a guardare con attenzione gli oggetti che utilizziamo tutti i giorni, possiamo scoprire nei dettagli, nei modi in cui i materiali vengono accostati, nelle soluzioni tecniche, un mondo fatto di creatività vera.
Con un po’ di attenzione riusciremo a valutare in maniera autonoma gli oggetti “di design”, senza farci influenzare dalla logica di mercato e dalla pubblicità.
BIBLIOGRAFIA
- B. Munari, Compasso d’Oro a Ignoti, Ottagono n° 27 – 1972, Abitare n° 545 – 1975 – https://www.rsi.ch/play/tv/-/video/bruno-munari-e-il-design-di-ignoto?urn=urn:rsi:video:14705091
- B. Munari, Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale, Laterza ed., 2017 (8°edizione)
- A. Bassi, Design anonimo in Italia. Oggetti comuni e progetto incognito, Electa ed., 200
Chiara Silvestri - designer
Ha lavorato in diversi studi di design del prodotto e della comunicazione in Italia e all’estero, per aziende come Pinarello, Snaidero, Irinox, Topp, Euromac, Irsap, Segafredo, Altromercato.
Dal 2008 si occupa di progettazione industriale, sviluppo di prodotto e comunicazione, realizzando progetti riconosciuti con: menzione d’onore al compasso d’oro 2015, Selezione al compasso d’oro 2014, premio Gran Design Etico, Well tech Awards, premio ‘Livello d’innovazione – Urban/e-bike’ agli Innovation Awards.
Dal 2015 si occupa di didattica e formazione, lavorando per l’innovazione e la conoscenza degli strumenti digitali nelle aziende. Collabora con l’Università Iuav di Venezia dal 2009. È docente del corso di Geometria per il design.