“Essere donna è così affascinante.
È un’avventura che richiede un tale coraggio,
una sfida che non annoia mai.”
La rabbia e l’orgoglio
Oriana Fallaci
Ogni 8 marzo ci coglie una certa leggerezza dovuta ai rituali festeggiamenti della giornata internazionale della donna, ma a tutt’oggi abbiamo ancora bisogno di fare una riflessione con lo sguardo rivolto al passato, al presente e anche al futuro.
Non possiamo che essere grate alle donne che ci hanno preceduto e che hanno sostenuto le battaglie giuridiche di cui abbiamo goduto i frutti, che sono espressione di una civiltà che purtroppo manca ancora in alcuni paesi del mondo, e di cui percorriamo brevemente le tappe.
Nel 1948 la Costituzione Italiana sancisce l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi art 29 Cost.
Nel 1956 viene abolito lo ius corrigendi ovvero il diritto dell’uomo di educare e correggere moglie e figli anche con l’uso della forza
Nel 1969 viene abolito l’adulterio della moglie
Nel 1970 viene introdotto il divorzio
Nel 1974 non passa il referendum abrogativo delle legge sul divorzio
Nel 1978 viene introdotta la legge 22.5.1978 che consente alla donna l’interruzione volontaria di gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione
Nel 1981 viene abolito il delitto d’onore che prevedeva l’attenuante a chi uccideva il coniuge, la figlia o la sorella sorpresa in relazione carnale illegittima ed il matrimonio riparatore che estingueva il reato di violenza carnale per lo stupratore che sposava la vittima minorenne
Nel 1996 la violenza sessuale viene riconosciuta come crimine contro la persona e non contro la moralità pubblica
Nel 2009 diventa perseguibile la condotta di atti persecutori definita stalking
Nel 2019 viene introdotto il cosiddetto Codice Rosso, una serie di procedure d’urgenza per perseguire i reati di violenza domestica e di genere.
Sono capisaldi per il riconoscimento dei diritti che sanciscono l’eguaglianza della donna all’uomo, del rispetto della donna come persona, traguardi che a tutti gli effetti però non possiamo dirsi completamente raggiunti.
Esistono ancora molte discriminazioni sui luoghi di lavoro, complice una mancanza di previsioni legislative a tutela di alcuni diritti fondamentali che si traduce in una differenza salariale non giustificata, in una difficoltà oggettiva a ricoprire incarichi di potere e di prestigio, una non accessibilità o fruibilità a servizi che consentano alla donna di lavorare gli stessi tempi lavorativi dell’uomo, costringendola a ripiegare invariabilmente sul lavoro part time involontario.
È sentore comune al femminile, e forse a qualche avanguardia maschile, che vi sia ancora strada da fare.
Questo periodo pandemico poi ha sospinto all’indietro molte donne che, lavorando per lo più nei settori turistico, sociale, commerciale, comparti maggiormente colpiti dalla crisi, sono ritornate tra le mura domestiche a fare i salti mortali per inserire nelle giuste caselle lo smart working, la didattica a distanza dei figli, il lavoro casalingo e magari la gestione dei genitori anziani.
Perché quando va in crisi un sistema economico, la prima pedina che salta è la donna.
Dobbiamo chiederci se vale la pena però, porre ancora la questione in termini di ricerca spasmodica dell’ uguaglianza della donna all’uomo, e di perenne opposizione allo stesso, se non nella misura in cui si debba doverosamente combattere la violenza di genere.
Il femminismo, principalmente, ci ha aiutato ad essere consapevoli di quanto la cultura patriarcale abbia relegato la donna a ruoli marginali, facendola sentire sbagliata ed inferiore, e ci ha insegnato ad abbattere le barriere e le diseguaglianze.
Molte fiere scrittrici, poetesse e giornaliste hanno avvertito però, fitta, la sensazione che cercare di eguagliare l’uomo e di adattarsi al suo linguaggio e alla sua immagine per vincere questa battaglia, ci abbia allontanate da noi stesse, dalla nostra essenza.
Dobbiamo essere quindi più consapevoli delle nostre qualità, di noi stesse, dei nostri diritti.
Da qui passa l’autostima e la sicurezza, presupposti anche di una maggiore solidarietà femminile.
Ove ci sono stessi livelli di potere e stima di sé è più probabile, infatti, che le donne non si facciano la guerra.
Molte, troppe donne ancora oggi ignorano i loro veri diritti, non solo nelle relazioni lavorative, sociali ma anche in quelle familiari.
Non sanno che se il marito / compagno impone loro un rapporto contro il loro volere voglia, è violenza sessuale.
Non sanno che se non lavorano fuori casa, ma solo tra le mura domestiche dedicandosi alla famiglia ed il marito / compagno lesina i soldi per le spese personali e familiari, è violenza domestica.
Non sanno che se il marito / compagno la svilisce dicendo che non sa preparare i pasti e tenere la casa in ordine, è violenza psicologica.
Non sanno che se il marito / compagno la rinfaccia di mantenerla, è violenza economica.
Non sanno che anche i figli devono contribuire economicamente se vivono in casa con la madre in difficoltà economica perché, magari, separata e senza lavoro e non devono subire lo stesso trattamento che ha riservato loro il marito / compagno.
Non sanno che tutti questi sono reati ed abusi che non deve tollerare, perché giorno dopo giorno scavano nell’animo e portano alla scarsa stima di sé e all’immobilismo sociale e personale e ad un divario sempre più grande con l’uomo.
Quest’ultimo continua a vivere e ad esercitare il suo potere economico e personale, mentre la donna annaspa per raggiungere una consapevolezza che potrebbe fare la differenza, facendola uscire dal pantano in cui si trova.
La donna possiede qualità di introspezione, di analisi, di problem solving, di visione trasversale delle cose, di generosità, che si traduce in inclusività dell’altro, si esprime con un linguaggio gentile che sa essere accogliente e non divisivo e che è capace di muovere le montagne.
Ma deve credere in sé stessa, conoscere i suoi diritti e perseguirli, deve poter essere ascoltata e guidata in questo processo di consapevolezza di sé, da cui discende la forza di raggiungere i propri obiettivi.
Deve insegnare ai suoi figli, soprattutto ai maschi, un nuovo linguaggio che sia rispettoso della donna.
E deve fare rete con altre donne, chiedendo consiglio, ascolto ed aiuto ai centri specializzati.
In verità, ci vorrebbe un otto marzo ogni mese per tornare a riflettere, per guardarsi dentro, per farsi ascoltare, per avere fiducia in se stesse, per riprendere la centralità, per porsi delle domande che echeggino le risposte del cuore, per non aver paura di portare se stesse, il proprio pensiero, la propria capacità di relazione, in tutti gli ambienti di lavoro, in politica, nella società tutta fungendo da esempio per le donne che ancora hanno dubbi sul loro valore.
Tanti auguri donna !
Avv. Cinzia De Angeli
Svolge la professione di avvocato civilista dal 1992 con particolare attenzione al diritto di famiglia.
Da anni presta consulenza presso il Centro Antiviolenza di Venezia e presso lo sportello Donna di Mogliano Veneto.
Il suo focus è la tutela delle relazioni familiari anche quando affronta una separazione o un divorzio conflittuale.
È presidente della sezione territoriale di Venezia dell’ONDIF Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, associazione di avvocati familiaristi che si confronta quotidianamente sull’ evoluzione della giurisprudenza in una materia così delicata come la tutela delle persone, dei minori e della famiglia e sulla migliore scelta processuale per un’efficace tutela dei cittadini più fragili.
Ha studio in Venezia centro storico e Mogliano Veneto (TV).